È ritornato alla Casa del Padre don Pietro Li Calzi

Il 9 gennaio 2016, all’età di 82 anni è ritornato alla casa del Padre, don Pietro Li Calzi. Nato il 24 settembre 1933 a Canicattì è stato ordinato presbitero, nella cattedrale di Agrigento, da mons. G.B.Peruzzo il 26 maggio del 1960. Nei 55 anni di ministero presbiterale è stato vicario cooperatore della parrocchia Santo Spirito di Cattolica Eraclea (1960-64) e dal 1964 al 2006 parroco della parrocchia San Domenico a Canicattì, dal 2006 al 2011, arciprete di Canicattì.

Don Pietro è stato più volte membro del Consiglio Presbiterale e del Consiglio Pastorale Diocesano, Vicario Episcopale della Zona “P. Gioacchino La Lomia”, Vicario Foraneo di Canicattì, Assistente spirituale dell’Associazione “Amici del Giudice Livatino” e dell’U.C.I.I.M. sezione di Canicattì.

I funerali sono stati celebrati, presieduti dal vicario generale mons. Melchiorre Vutera,  nella Chiesa San Domenico di Canicattì lunedì 11 gennaio 2016.

 

Pubblichiamo il testo integrale dell’omelia pronunciata da mons. Vutera.

Vorrei rileggere la pagina evangelica, appena proclamata, [Mt 4, 12-23] alla luce della luminosa testimonianza di vita cristiana e sacerdotale del nostro carissimo don Pietro Li Calzi, che l’altro ieri, all’età di 82 anni, ha lasciato questa terra per il cielo. Così egli può continuare ad essere per noi tutti una pagina vivente di Vangelo, un esemplare testimone nella sequela di Cristo.

Nel racconto della chiamata dei primi discepoli, il vangelo sottolinea che “essi, subito, lasciate le loro reti lo seguirono”.

Se sul volto di Gesù non ci fosse stato qualcosa di divino, sottolinea S. Girolamo, essi avrebbero preso una decisione irrazionale a seguire uno che non conoscevano affatto. Nel volto del Signore doveva certo trasparire qualcosa di divino, così che quegli uomini, rendendosene conto, gli andarono subito dietro”.

Questa pagina evangelica si ripete nella storia ogni qualvolta un uomo o una donna, abbandona le sue occupazioni ordinarie per accogliere l’invito di Gesù che chiama a seguirlo. Fu così anche per don Pietro, nato a Canicattì il 24/09/1933: fin da subito, nel fiore della sua giovinezza, egli ha avvertito il fascino di Gesù che passa e chiama, e senza esitazione, ha risposto prontamente: “Eccomi!”.

Il pressante invito del Signore, che don Pietro ha riconosciuto come una chiamata a seguirlo “più da vicino” nella vita sacerdotale, ha determinato un rovesciamento di prospettiva, così da mettere al centro della sua vita e del suo cuore il  Signore Gesù. Solo se si comprende di essere profondamente amati da Gesù, si è in grado di seguirlo in una vita nuova. Nessuno può lasciare gli affetti più cari se non per un amore più grande. Qui sta il segreto della vita di una persona che si consacra al Signore, qui sta il segreto della vita di don Pietro. Senza un amore appassionato per Gesù non è possibile spendersi in una vita che si fa interamente dono.

Anche don Pietro ha lasciato ”le sue reti”, ossia le sue legittime occupazioni ordinarie, per aderire a un progetto più vasto, divenire con Gesù “Pescatore di uomini”.

Ordinato presbitero il 26 maggio 1960, per le mani di Mons. GB Peruzzo nella Cattedrale di Agrigento, ha svolto il suo ministero con gioia e dedizione dapprima come Vicario Cooperatore per quattro anni nella Matrice di Cattolica Eraclea; e successivamente come parroco di questa comunità di San Domenico e poi come parroco arciprete della Chiesa Madre di Canicattì.

In questa Comunità di San Domenico ha svolto il suo apostolato, soprattutto a contatto con i giovani nelle scuole e nelle associazioni. Ha amato i giovani e da loro è stato riamato con tanto affetto. Se potessero parlare i suoi numerosi alunni e i tanti giovani che ha formato nei suoi anni di ministero con amore paterno sicuramente gli direbbero il loro più commosso e sentito “grazie” per averli avviati così adeguatamente alla vita. Don Pietro è stato per loro un vero “maestro” di vita.

“Vi farò pescatori di uomini”: è la promessa mediante la quale Cristo, chiamando qualcuno alla sua sequela, non annulla i suoi progetti umani, non sminuisce le sue forze d’amore, ma le amplifica e le dilata, fino a permettere di giungere ad amare coloro che nessuno ama, coloro che la società rifiuta.

Anche don Pietro, seguendo il Signore, si è ritrovato con un cuore più grande. La promessa di Gesù: “vi farò pescatori di uomini” si è tradotta in lui  in una estensione delle sue facoltà d’amare a misura del mondo. La vita presbiterale o religiosa non è una rinuncia all’amore, ma offerta di un’ amore universale, cioè rivolto a tutti, incondizionatamente. Così don Pietro ha potuto raggiungere con le sue capacità d’amore tutti coloro che il Signore, di volta in volta, gli donava.

Pescatori di uomini, infatti, sono proprio coloro che accettano di estendere la loro famiglia al di là dello spazio della loro famiglia, e si prendono cura di quanti il Signore affida alle loro cure: ragazzi e giovani, famiglie con le loro problematiche e difficoltà, anziani e ammalati, poveri e bisognosi. Attenzione anche per i problemi della città e della cosa pubblica alla ricerca del bene comune.

E’ questa la gioia che prova il cuore di un sacerdote che consacra la sua vita a Dio per servirlo nei fratelli. Diventare casa accogliente per tutti, senza escludere nessuno, senza assolutizzare alcuno, senza privilegi di sorta, perché ognuno possa sentirsi accolto e amato di un amore personale, unico, originale, sperimentando come Cristo ama attraverso il cuore del suo pastore.

“Il regno di Dio è in mezzo a voi: convertitevi e credete al Vangelo”. E il Vangelo della chiamata continua dicendo: Gesù percorreva tutta la Galilea insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del regno e guarendo ogni sorta di malattia e di infermità nel popolo”. Se osserviamo bene, Gesù, nel vangelo, è sempre in cammino, non si accontenta di chi è al sicuro, va a cercare piuttosto chi è perduto, chi vuole ricominciare a vivere una vita diversa. Gesù viene in aiuto a chiunque è ferito; dona gioia e speranza a chi, per tante situazioni negative, non l’ha mai sperimentata. In questo consiste l’annuncio del Regno di Dio: confermare la Parola con la forza vivificante dell’amore, così che tutti credano che veramente il Regno di Dio genera qualcosa di nuovo e di inaudito.

Don Pietro è stato una parola di vangelo (una buona notizia) non solo con un insegnamento verbale, ma soprattutto, e molto di più, mediante un esemplare impegno di attenzione e di servizio alle tante persone che hanno potuto sperimentare dentro i suoi lineamenti, la fisionomia stessa di Cristo, il suo volto mite, umile e compassionevole.

Siamo nell’anno del Giubileo della Misericordia, don Pietro voleva che l’amore misericordioso di Dio Padre fosse conosciuto e amato da tutte le persone a cui egli dedicava le sue cure. Ed ha vissuto il servizio al Regno di Dio riversando la sua compassione verso i più sfortunati, chinandosi con amore paterno sulle persone ferite, senza giudicarle, ma accogliendole premurosamente, con discrezione e con vera tenerezza. Prova ne è il dolore di tanti di voi, oggi profondamente rattristati per aver perso un padre ed amico premuroso.

La sua testimonianza giovi al nostro cammino di sequela del Signore, con la viva speranza che il suo posto lasciato vuoto nel presbiterio di Canicattì e della Chiesa agrigentina sia ben presto rimpiazzato da qualche nuova, giovane, entusiasta e generosa vocazione.

Quale eredità ci lascia, ora, don Pietro con l’Eucaristia che celebriamo?

Abbiamo sentito le parole di S. Paolo al suo discepolo e collaboratore Timoteo: “ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia orsa, ho conservato la fede”.

La vera eredità, dunque, è la grazia di conservare sempre la fede. La fede è un dono, è il più grande dono che possiamo ricevere dal cuore di Dio. Conserviamo questo dono in un vaso fragile che può cadere da un momento all’altro e rompersi in mille pezzi. Quante persone hanno smarrito il senso della vita ed hanno perso il dono della fede! Dobbiamo conservare la fede con molta vigilanza, pregando ogni giorno che il Signore conservi la sua mano di grazia sul nostro capo.

Ma quale fede dobbiamo conservare? Don Pietro ci ha insegnato che dobbiamo conservare una fede adulta, responsabile, fondata sull’amore e sulla Parola di Dio, testimoniata nella carità, che richiede il coraggio di stare con la Chiesa.

Ora con il Salmo responsoriale diciamo: “Che cosa renderò al Signore per quanto mi ha dato? Alzerò il calice della salvezza e invocherò il nome del Signore”.

Con questa Eucaristia rendiamo grazie al Padre per la vita e la testimonianza di son Pietro. Presentiamo al Padre e nello stesso tempo ci sentiamo da Lui presentati al Signore con la sua preghiera e con il suo affetto, che non ci vengono meno con la sua morte. Siamo certi che don Pietro è con Gesù Buon Pastore, sommo ed eterno sacerdote, nella gioia che non ha fine, nella luce che non ha tramonto. Niente e nessuno potrà separarlo dall’amore di Cristo. La sua testimonianza giovi al nostro cammino di sequela del Signore Gesù.

Grazie carissimo don Pietro:

Ti dice grazie:

  • la tua comunità di Canicatti, dal più piccolo al più grande, per il tuo servizio pronto e generoso e per la tua testimonianza gioiosa e mite.
  • La comunità di Agrigento, con il nostro Arcivescovo, con tutti i suoi sacerdoti, diaconi, religiosi e con tutte le persone del popolo santo di Dio che hanno avuto il dono del tuo esempio e del tuo servizio.
  • Tutti noi, che ti abbiamo conosciuto e amato.

 

Il Signore Ti accolga nel suo Regno e ti doni il premio dei giusti.